Jessica Nuccio ha uno strumento sonoro, che nella seconda ottava diviene quasi insolente. Non viene però trascurato il canto sfumato, con una gamma dinamica molto ricca, grazie a una tecnica che le permette di emettere, a fronte di note assai ricche di suono, pianissimi impalpabili, sempre sostenuti dal fiato, che corrono per il teatro a meraviglia. L’espressività si rifà a modelli che privilegiano la componente angelo caduto (per dirla con Celletti). Quindi l’interpretazione eccelle nei toni patetici e tende a delineare una donna dolce e patetica, anche un po’ remissiva, aliena da fraseggi nervosi e incisivi. La ribellione iniziale contro Germont è blanda e si intuisce subito che soccomberà al suo volere, quasi credesse intimamente di non meritare tanta felicità. Una lettura plausibile che vanta illustri precedenti ed è condotta con coerenza e con una tenuta vocale ammirevole. Infatti, una volta superato tutto sommato onorevolmente lo scoglio del finale primo, l’artista palermitana vince tutte le insidie della lunga parte per arrivare all’ultimo atto non solo freschissima (e va tenuto conto che l’opera è rappresentata con un solo intervallo dopo il primo atto) ma capace di dipanare il gioco dinamico dell’Addio del passato con una tecnica d’alta scuola; tecnica che le permette di giungere a risultati di grande intensità emotiva (e di filare alla perfezione il la acuto conclusivo come raramente si sente dal vivo). Operaclik 24,7,2019
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